domenica 17 giugno 2012

Ok, il prezzo è giusto !

Quando si parla di commercio equo o di prodotti ecosostenibili e biologici, un grosso ostacolo mentale si frappone fra noi e l'acquisto: il prezzo. I prodotti biologi o quelli del commercio equo e solidale infatti, hanno spesso prezzi piuttosto elevati, o quanto meno più alti di quelli degli stessi prodotti venduti attraverso il canale della grande distribuzione. Di fronte a tali prezzi "maggiorati" ci tiriamo indietro e optiamo per soluzioni meno dispendiose.
Fa riflettere perchè in altri campi invece accettiamo prezzi maggiorati senza battere ciglio.

Chiedo venia trovo un pò esagerato pagare tre volte un litro di benzina (cit. Max Gazzè)

Pensiamo alla benzina: negli ultimi anni c'è stato un continuo rincaro dei carburanti e l'aumento, inesorabile e costante, ha portato, centesimo dopo centesimo, ad un costo della benzina decisamente elevato. Eppure tutti gli aumenti di prezzo sono stati accettati: con stizza o con rassegnazione, la grande maggioranza della popolazione ha accettato gli aumenti e ha continuato e continua ad usare l'auto preferendola ad altri mezzi più economici (e meno inquinanti) come la bicicletta, l'autobus o il treno.

Nespresso...what else?

In altri casi siamo noi stessi a cercare i prodotti più costosi. Pensiamo al caffè: quanti di noi sono passati dal sistema tradizionale della moka alle nuove scintillanti macchine della nespresso ed al sistema delle capsule? Quando si entra in una "boutique" della nespresso l'ambiente è patinato, chic. I tubi che contengono le capsule sono tutti ordinatamente impilati negli scaffali. Tutto è studiato ad arte per invogliarci all'acquisto. L'atmosfera è quella di una gioielleria: ed anche i prezzi, visto che il costo delle capsule è esorbitante in confronto a quello del caffè tradizionale per moka. Dieci capsule della nespresso infatti (10 caffè in tutto!) costano circa 3,50 Euro, mentre con un solo euro in più si possono acquistare due confezioni di Lavazza per moka da 250 grammi !
Pensiamo ora al caffè del commercio equo e solidale venduto da Altromercato. Con circa 4,50 Euro si compra una confezione da 250 grammi. Costa dunque il doppio rispetto al caffè commerciale, ma pur sempre meno della metà del caffè in capsule della Nespresso. Eppure se l'acquisto delle capsule non ci fa temporeggiare nell'acquisto, davanti al caffè del commercio equo e solidale ci viene uno strano blocco psicologico, un avvertimento che ci suggerisce: stai spendendo il doppio rispetto a quello che potresti spendere !
Ma il consumatore critico sa perchè il caffè del commercio equo costa il doppio: Altromercato infatti garantisce ai lavoratori del Sud del Mondo (America Latina o Africa nel caso del caffè, Asia nel caso del thè) uno stipendio minimo che permetta loro di guadagnare il giusto e di condurre una vita dignitosa. Le Multinazionali invece costringono a lavorare in condizione di semischiavitù i braccianti ed i contadini del caffè dando loro salari ridicoli che bastano appena alla loro sopravvivenza. Quando compriamo il caffè dovremmo pensare che esso arriva (probabilmente) dal Sud America, che ne paghiamo il coltivatore,  il trasporto, il confezionamento ed il rivenditore. Se costa poco significa che qualcuno viene pagato poco o sottopagato. Chi ci rimette è proprio colui che sta all'inizio della catena: il bracciante agricolo, colui che lavora la terra, colui che il caffè lo fa crescere e lo raccoglie. Di certo a rimetterci non è la Multinazionale che lo rivende. A tal proposito ricordo che la Nespresso è uno dei marchi di Nestlè, multinazionale contro la quale è in atto un'azione di boicottaggio internazionale a causa delle sue politiche commerciali (Vedi Critiche alla politica commerciale di Nestlè - pagina su Wikipedia)

Ok, il prezzo è giusto


Il fatto è che il costante bombardamento pubblicitario ci spinge ad essere irrazionali nei nostri acquisti e a diventare inconsapevoli strumenti di chi vuole che il nostro portafogli sia diretto verso acquisti programmati non da noi stessi ma dalla società del consumo. Non è questione di prezzo perchè siamo sempre pronti a spendere di più per un' auto più potente e dalle maggiori prestazioni, ma non siamo disposti a spendere un centesimo in più per prodotti alimentari di maggiore qualità e di provenienza nota: questo perchè le politiche commerciali ci hanno spinto a credere che per quanto riguarda gli alimenti la via giusta sia quella di spendere il meno possibile.
Ci dirigiamo al supermercato e acquistiamo una carne superscontata senza chiederci come fa quella carne a costare così poco, senza sapere da dove provenga, senza conoscere le condizioni di vita degli animali. Ci fidiamo delle confezioni raffiguranti amene fattorie in un mare di verde e siamo inconsciamente pronti ad acquistare, convinti di aver fatto un affare. L'affare però lo fanno solo le grandi aziende che puntano tutto sul risparmio, a scapito della qualità, riguadagnando tutto in quantità (di persone che acquistano e dunque di denaro).
Ma il mantenimento di un animale e il cibo che mangia, sono cose che richiedono costi notevoli: se la carne costa poco vuol dire che da qualche parte è stata fatta economia. Se una fettina di vitello di allevamento biologico costa tre volte tanto rispetto a quella proveniente da un allevamento intensivo un motivo c'è. Ed è lo stesso motivo per cui, solo fino a 30, 40 anni fa, nella società contadina, si mangiava carne solo una volta a settimana, magari il giorno della festa: perchè la carne, di qualità, aveva dei costi elevati e ce la si poteva permettere solo raramente. La si mangiava raramente e questo rientrava nei cicli naturali. L'iperdisponibilità attuale di carne ed il suo consumo intensivo porta a problemi di salute (l'incremento dei tumori all'intestino negli ultimi anni è statisticamente significativo). La sua scarsa qualità porta agli stessi problemi di salute. La salute a sua volta ha dei costi. Se ci ammaliamo dobbiamo curarci. La salute costa anche allo Stato.
Tutta questa catena, azionata dalle multinazionali, da un tipo di commercio al ribasso, e dalla pubblicità ingannevole, porta, a lungo andare, a conseguenze negative che ci costano molto più del risparmio iniziale fatto sulla singola confezione di carne al supermercato. 



Riflettere su queste cose fa di noi dei consumatori consapevoli, che esprimono il proprio potere di acquisto ed orientano il mercato dove vogliono, senza essere più schiavi della società e di chi gli affari li fa a spese della nostra qualità di vita, dietro il miraggio di un risparmio che è, nella realtà, inesistente.


2 commenti:

  1. "La salute a sua volta ha dei costi. Se ci ammaliamo dobbiamo curarci. La salute costa anche allo Stato." ciò però è la fonte di guadagno di altre multinazionali: quelle farmaceutiche.
    Bel post Simone...m'è piaciuto!
    Andrea

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  2. Grazie Andrea, è vero: la salute è fonte di guadagno per altre multinazionali...un motivo in più per uscire da questo circolo vizioso...

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